“Due uomini che guardano il muro è il principio di una…”
Inizio così, che ne dici?
Dimmi, però, la verità.. DITEMI la verità.. Quanti di voi sono in grado di concludere questa frase? Ehi, vi vedo mentre ci state pensando… Sì, vedo pure te.. che fai spallucce e ripeti “cazzomene” mentre ti prepari a tornare a quello che stavi facendo prima di incrociarmi. Resta, ti prego, mi mandi a quel paese alla fine dell’ultima riga e dell’ultima parola.
Torniamo a noi.
Sì, “Fratelli miei“.. “Hermanos”.. “Albatros”.. Avete detto: EVASIONE! “Due uomini che guardano un muro è un principio di evasione”. Bingo! Perché siete quelli che, come me, hanno vissuto-pianto-respirato per vent’anni le parole di “Jack Folla”, alias Diego Cugia (in tv, poi alla radio, poi ancora sui libri e dal vivo..) e ve la ricordate bene quella lettera che scrisse. Una delle tante pagine meravigliose.
Mi sono permesso di prendere in prestito questa frase per parlare delle “anime fragili”, con cui lo stesso Diego (magari definendole in altri modi e soprattutto facendolo molto meglio di me) ha sempre interloquito.
Le anime fragili, già. Uomini e donne che, ancora oggi, mi colpiscono come un pugno nello stomaco.
Parliamone, dunque, ma fuori dai denti come piace fare a voi. E come stiamo imparando a fare insieme qui.
Io e voi. IO E TE. La sappiamo entrambi questa cosa, vero? A volte siamo in grado di capirla e darle la giusta attenzione, a volte no. A volte siamo più predisposti per accogliere questo pensiero ma a volte abbiamo anche una cazzodigranvoglia di farci un po’ gli affari nostri.. Perché non sempre siamo in grado di sostenere il peso del mondo intero che ci circonda. Ci stà..
Eccolo. Ti vedo.. Di nuovo a dire.. “chepallevaialdunque”. Ci vado, ci vado.. Tranquillo.. Ed anche se ti tappi le orecchie io te lo dico lo stesso. Perché, in fondo, parlare con te è come parlare con quello stomaco preso a pugni.. E poi qui, amico mio, servono gli occhi mica le orecchie.. And so.. 1-1 palla al centro.
Ci sono persone che soffrono e, spesso, lo fanno in silenzio. Va bene come inizio? Se vuoi gli do anche il “carico” e ti dico pure che si tratta di un silenzio assordante. Talmente assordante e rumoroso.. che noi riusciamo anche a non accorgercene, soprattutto se guardiamo sempre meno le persone in quegli occhi. Gli occhi. Gli occhi, cazzo.
Capita. Credimi.
Le “anime fragili” sono un po’ così: non alzano mai la “manina” per chiedere aiuto.
Per orgoglio? Non credo. Per timore di un giudizio negativo? Forse. O, semplicemente, perché il mondo in cui viviamo è un mondo di merda. Ecco, dico troppe parolacce? Perdonami.. pensa che mi sto pure contenendo.
Pochi contatti reali, nel mezzo di mille parole virtuali. Una grande instabilità emotiva e pochi validi punti di riferimento. Sì, pochi. E questa sofferenza, chiamiamola pure “solitudine interiore” è lì. Mica va in ferie.
Sai come si fa a trovarla? Appunto, negli occhi. Magari quegli occhi di chi hai accanto. Un amico, una collega. Occhi insicuri. A volte smarriti. Occhi che tu conosci bene e sai perché? Perché, a volte, sono i tuoi stessi occhi.
Quegli occhi.. che ti capita di chiudere, per pochi secondi (bastano amico mio) mentre te ne stai seduto davanti a uno specchio, alla fine di una giornata che senti di aver buttato nel cesso.
Ma noi siamo furbi chettecredi. Quando ci accorgiamo che sta arrivando quel momento diventiamo rapidi. Cambiamo l’obiettivo. E li riapriamo spostandoli ancor più velocemente sul nostro smartphone. Cercando.. Sì, cercando il primo social della “distrazione utile”. Così, rapiti da immagini e pensieri che presto dimenticheremo, veniamo portati via. Ci salviamo e allontaniamo il drago. Come? Non ti ho mai parlato del drago. Quello che ciascuno di noi ha dentro?
Presto lo farò, non avere fretta. Posso solo dirti che il mio di drago oramai é domestico, perché è di casa, quanto i gatti che mi aspettano quando rintano. Solo che loro si accontentano di una coccola e due croccantini. Lui, no. Lui si ciba delle mie preoccupazioni, paure, debolezze, dubbi. E c’è poco da fare, cara mia. Se ti capita di incontrarlo, chiamami.. che lo affrontiamo insieme.
Costa caro stare male. Già, anima fragile. A noi “ruvidi” però può bastare poco per “tirare avanti”. Almeno quel metro in più. Almeno quella giornata in più. Una carezza, una parola, un consiglio, un abbraccio. Da parte di chi ci si fida. Perché agli altri abbiamo imparato a voltare le spalle. Ma anche un cazzo di silenzio, di quelli giusti al momento giusto. Così come una birra gelata, una camminata. Aiutano ad alzare la testa anche se hai appena inciampato e sei caduto, sbucciandoti le ginocchia e rovinandoti i tuoi jeans. E’ solo un inizio.
Ci sono persone che soffrono, spesso in silenzio. Sole. Un silenzio assordante. Ma non mollano.
Anima fragile lo sei stata e lo sei ancora oggi, anche tu, ed io lo so. Come tu sapevi cosa provavo quando mi hai visto piangere a dirotto.
Questa è per voi. Questa è per noi “hermanos”. Anche per te, amico, che sei arrivato in fondo, fino all’ultima riga e fino all’ultima parola. Sì lo so, scrivo troppo.. Ti abbraccio forte…
Questo è jack Folla. E io ti aspetto da questa parte dell’Oceano.
“Diffidate dei consigli, di tutte le ricette di vita, di chi vi vuole redimere e di chi vuole portarvi sulla sua strada, buona o cattiva che sia. E’ tutta gente che sta peggio di voi, ma, curandovi, s’illude di stare meglio. Se siete soli, stanotte, prima di infilarvi sotto le pezze, mettetevi in piedi nella vostra stanza, in un angolo, e fissate il muro. Al di là dell’oceano io farò lo stesso. Un uomo solo che guarda un muro è un uomo solo. Ma due uomini che guardano il muro è il principio di un’evasione”