C’era una volta.
C’era una volta, un meccanico navale molto abile nell’attrezzare gommoni e motoscafi che, proprio per le sue doti riconosciute da tutti, un giorno di tanti anni fa fu contattato da narcotrafficanti italo-spagnoli che gli commissionarono alcuni “lavori” per i loro traffici illeciti. Gianfranco Franciosi, per gli amici “Giannino”, avvisò immediatamente dell’accaduto la Questura competente (Genova) e poco dopo.. su richiesta della stessa Questura.. si trovò, quasi inconsapevolmente, ad essere il primo civile infiltrato in organizzazioni criminali internazionali.
C’era una volta, un “meccanico infiltrato” che, dopo aver personalizzato imbarcazioni su imbarcazioni per conto dei narcos, aver compiuto viaggi e trasporti per la Spagna e per il Sud America ed aver passato un intero anno della sua vita in carcere a Marsiglia (per non far cadere la sua copertura), contribuì in modo decisivo al più grande sequestro di cocaina in Europa.
No! La storia di Giannino, purtroppo, non finì lì. Non arrivò la gloria ma neppure la riconoscenza meritata per ciò che fece con grande senso civico e coraggio.
C’era una volta, difatti, un uomo che diventò testimone di giustizia ed iniziò, di conseguenza, a vivere nell’ombra. Testimone di giustizia, non collaboratore di giustizia. E’ importante, ancora oggi, sottolineare la netta differenza tra i collaboratori e i testimoni di giustizia. Mentre i primi sono persone che hanno un passato di appartenenza ad una organizzazione criminale (in gergo “pentiti”) i secondi sono cittadini incensurati che “forniscono la loro testimonianza relativamente all’accadimento di un fatto delittuoso e per tale ragione godono di una protezione da parte degli organi dello Stato” (fonte: Camera dei Deputati). Inutile specificarvi che Gianfranco non si limitò ad una testimonianza.. Ma questa è un’altra storia.. Andiamo avanti?
Giannino, una volta terminate le sue “missioni” dovette cambiare quindi domicilio in più di una occasione, con la famiglia al seguito, ma in più circostanze fu facilmente localizzato da chi nel frattempo gli aveva messo una taglia per il torto subito (alcune tonnellate di cocaina sequestrate.. una perdita di denaro immensa.. arresti.. ).
Col tempo si stanco’ di scappare e, soprattutto, iniziò a sentirsi solo e abbandonato. Consiederate che le persone, anche quelle a lui più vicine, non sapevano nulla di ciò che di buono aveva fatto.. anzi.. vedevano in lui un “poco di buono” (è più facile pensare male che pensare bene.. in questa Italia di pochi eroi..).
C’era una volta, quindi, un uomo che fu tradito dallo stato perché una volta tornato nella sua terra, tra tentativi e tentativi di rimettere in piedi il suo cantiere, subì più attentati (alla persona e soprattutto al cantiere, devastandolo). Ma continuò lo stesso la sua battaglia per tornare a lavorare senza perdersi d’animo, nonostante quella protezione da parte dello stato (che aveva servito) “facesse acqua” da tutte le parti. E l’ombra in cui viveva si faceva, giorno dopo giorno, sempre più cupa.
C’era una volta, però, un giornalista coraggioso (Federico Ruffo) che decise di raccontare la sua storia attraverso un libro intitolato “Gli orologi del diavolo” che lo aiutò piano piano ad uscire dal silenzio dei media. Un libro talmente bello (credetemi) che, se non fosse stato purtroppo il racconto di una storia vera, sarebbe parso ai più un romanzo.
C’erano una volta, quindi, molti lettori che, una volta conosciuta la sua vicenda, si adoperarono per aiutarlo. Tra questi C’era una volta anche una ragazza che trovato il libro casualmente in una libreria, ne rimase talmente colpita e affascinata che decise che una delle cose più importanti per aiutarlo fosse quella di far conoscere la storia, prestandolo.
C’era una volta, un uomo, un attore e conduttore radiofonico (Matteo Caccia), che da quelle imprese e storie incredibili registrò un audiolibro dal titolo “La Piena” che poi fu premiato, in seguito, come uno dei migliori “poadcast” italiani.
C’era una volta, un altro uomo che, insieme a quella ragazza che aveva scoperto il libro, decisero di andare a trovare Gianfranco, a casa sua, portandogli la loro solidarietà e poi iniziarono anche ad organizzare eventi per far conoscere ai più giovani la storia di Gianfranco Franciosi, spiegando loro la differenza tra testimone e collaboratore di giustizia. E così fecero tanti altri.
La storia sembrava quasi finita ma arrivò un altro clamoroso “c’era una volta”. Eh, sì.
C’era una volta, un attore molto famoso (Beppe Fiorello) che si intestardì talmente tanto, da portare avanti una vera e propria battaglia per la trasmissione di una serie tv che parlasse di Giannino.. le cui riprese sono già in corso.. E arriviamo così ai giorni nostri…
Le storie hanno sempre una morale e, forse, quella di questa è che ci sarà sempre bisogno di coraggio, di sensibilità, di voglia di far conoscere, di voglia di raccontare e di voglia di ascoltare. E che tutti possiamo fare qualcosa per donne e uomini come Gianfranco. Anche comprando un libro, prestandolo poi a chi riteniamo possa portare avanti in qualche modo la catena di solidarietà. Ricordiamoci che se puntiamo verso queste persone i riflettori e teniamo viva l’attenzione dell’opinione pubblica, togliendoli da quell’ombra, loro vivono… (questa non me la sono inventata io, l’ho sentita con le mie orecchie.. ed ho ancora i brividi quando ci penso…).
Le storie sono ancor piu belle, però, se sono a lieto fine.
In bocca al lupo Gianni! Fino a quel lieto fine noi saremo al tuo fianco.
Ora, anche come amici.
PS Qui, qualche iniziativa passata e futura.. Stay tuned!
https://www.facebook.com/Infiltrato-tra-i-narcos-Tradito-dallo-stato-634248447032574/