Ehi, mi piacerebbe riuscire a fare due parole con te, ti va? A spanne avrai, sì e no, l’età di mio figlio. Gli stessi occhi. Lo stesso sguardo, furbo. Il linguaggio che non ti appartiene ma che tende ad imitare quello dei più grandicelli. So che non mi vuoi stare tanto ad ascoltare. Sei già stufo, alla tua tenera età, di tutte queste parole che i “grandi” dicono ai piccoli. Parole. Parole. Ancora parole. A te piace cercare il silenzio. Me ne accorgo da come rincorri i pezzi di lego che cadono dal tuo contenitore di giochi preferito mentre stai lì a ribaltarlo pregustandoti il divertimento.
Facciamo un accordo. Ci stai? Niente parole. Niente suoni. Io mi metto qui, in silenzio. Senza disturbare. Ogni tanto magari ti osservo giocare e, nel frattempo, scrivo. Scrivo una lettera. Ti piacciono le lettere? Ok, hai ragione, abbiamo detto niente parole e io stavo già trasgredendo al nostro patto.
Facciamo che la scrivo e non te la consegno. La faccio volare in alto nel cielo. Come un aereo di carta.
Perché so che presto sarai in grado di leggerla da solo, per conto tuo. So che, in qualche modo, ti arriverà. Lo so perché oggi tutto gira così velocemente che dai lego, con cui stai costruendo qualcosa di immaginario ma magnifico ai tuoi occhi, o dal giochino sul tablet in cui ogni tanto ti rifugi o dal tirare calci al pallone nel parco vicino a casa, in men che non si dica, ti ritroverai a viaggiare sui “social”. Su internet. Con questa “cosa” che all’inizio ti sembrerà così oscura poi ci dovrai convivere. Ti piaccia o no, it’s the evolution, baby!
La scrivo “qui sopra” che è un po’ come scrivere una lettera vera e propria, quelle serie per intenderci, quelle con carta e penna importante, per metterla dentro a una bottiglia. Lasciando che sia il mare a decidere quando e se portarla mai a destinazione. L’hai mai vista questa scena in qualcuno dei tuoi films preferiti?
Una lettera a un figlio che viaggia nell’oceano fino a quando le onde gliela consegneranno.
Ti ho visto, sai, che sei un po’ in difficoltà anche se non ne vuoi parlare.. Ti ho visto che non hai digerito quella cosa lì di cui non parli mai, di cui non hai mai parlato. Ti ho visto fare l’indifferente, che tra l’altro ti esce così bene, mentre dentro di te pensi al motivo che lo ha spinto lontano. Da casa vostra che ora è diventata “solo” e semplicemente casa tua. Quando invece ti avevano detto tutti che una famiglia restava sempre sotto lo stesso tetto.
Le ho viste tutte le tue difficoltà, credimi. Devi però sapere una cosa importante: anche se si è adulti, e un giorno te ne accorgerai, non è che più diventi grande più diventi anche forte. Purtroppo la proporzione in questi casi non è come in matematica. Magari fosse così, piccolo mio.
Sarebbe tutto più semplice. Problema grande, arriva “uomo grande” che risolve tutto. E invece no. Non è sempre così. A volte anche i problemi più piccoli diventano più grandi di quel che sono realmente. Capita che più cresci, e te lo dice uno che di anni oramai ne ha un po’, a difficoltà si aggiungono difficoltà. A pensieri si sommano pensieri. A delusioni, altre delusioni. E somma, somma, somma…
Non ti spaventare. Ho visto che hai alzato la testa dal tuo gioco preferito come a dirmi “non voglio crescere allora!” Non è che è tutta merda (scusa, non mi veniva altra definizione) quella che ti troverai anche tu sulla tua strada nel tuo percorso. Ma a volte merda a sufficienza per metterti sulle ginocchia.
Cerco di scrivertelo in modo che tu possa capire, quando sarai pronto, e se mai questa lettera custodita da questa bottiglia dovesse arrivare sulla tua spiaggia, che i papà, oltre che a trovarsi a volte “sulle ginocchia“, devono anche dimostrare al loro piccolo che restano sempre e per sempre gli eroi di prima. Come quando si mangiava tutti intorno alla stessa tavola. Dimostrare sempre e ad ogni costo che le difficoltà e i pensieri noi ce li mangiamo! Che le delusioni si superano. Perché se non lo fa papà chi lo dovrebbe fare? Vi siete chiesti mille e mille volte ancora..
Non ti si può nemmeno chiedere scusa, anche se “scusa” per un po’ di cose te ne dovremmo. Non tanto perché tutto poteva essere evitato. Non tanto perché si poteva fare di più e non lo si è fatto. Non tanto perché ti ritrovi un “eroe in saldo” mentre tu desideravi l’eroe di ultima generazione. Quanto perché abbiamo dimenticato a volte che voi non c’entrate nulla. Che voi non ne siete la colpa.
Desidero che tu sappia un giorno alcune cose che non ti sono mai state dette. Che non posso dirti oggi ad alta voce, perché stai giocando, ma anche perché alla tua età non capiresti.
Volevo soltanto dirti che quando tu eri in difficoltà anche tuo papà, nel vederti stare così, era in difficoltà. Prova a pensare quanto lo sei e moltiplica per dieci. Ti assicuro che è tanto.
Volevo soltanto dirti che quando lo vedevi fumare un quantitativo “industriale” di sigarette non era perché era un vizioso. Era triste, preoccupato o pensieroso e quel vizio di merda aiutava forse un po’ a controllare la tensione. Un’illusione, te lo assicuro. Ma non eri tu a renderlo triste.
Volevo soltanto farti sapere che quando vedevi papà assente, con la testa, era perché magari stava facendo fronte a una difficoltà che non poteva condividere con te. Perché non sarebbe stato giusto appesantire la tua docile schiena. Ma non era assente per causa tua.
Volevo soltanto dirti che quando lo vedevi sveglio, a tarda ora nella notte, era perché si sentiva solo, anche se tu fisicamente gli eri accanto. Quella solitudine che sentono a volte i grandi quando non hanno accanto un’altra persona, grande come lui. Ma tu non c’entravi nulla, se papà non dormiva.
Questo è stato certamente un errore perché la tua presenza doveva essere sufficiente a calmare l’assenza di qualcun altro, ma a volte, te lo assicuro, non poteva essere che così. Non ci si poteva fare niente. Era incontrollabile.
Vedi, quando si cresce, cerchi di farti più forza cercando un legame con altre persone grandi come te. Come è stato, molto tempo fa, con tua mamma. Qualcuno lo chiama amore, qualcuno lo chiama semplicemente “stare insieme”. E quando si riesce a trovare una persona che ti dà questo conforto a volte arrivano delle “magìe” come te, a volte ci sono bellissimi percorsi, a volte invece ci sono delle difficoltà. E, magari, tuo papà è uno di quelli che ha cercato sempre di superare quelle difficoltà. Ha cercato sempre di costruire. Ha cercato di trovare un po’ di pace e “calma” insieme a un’altra persona. Che non potevi essere tu. Lo capirai di sicuro quando sarai più grande.
Io non so quando leggerai questa lettera. Se succederà domani o tra qualche anno, trovandola magari sulla riva di una spiaggia in un mare del sud Italia mentre sei in vacanza.
Quando la leggerai, fallo senza pregiudizi. Senza rancore, se ne hai mai avuto o se ne avrai. Fallo senza ascoltare il suono e il rumore di chi ti sta intorno in quel momento. Immagina di essere ancora in mezzo a quei lego, quando cercavi il silenzio. Chiudendo gli occhi. E, ovunque sarai, senti quelle onde del mare che te l’hanno portata.
Sono il suo abbraccio. Quello che a volte ti è mancato. Quello che a volte mancherà.
Dedicata a tutti i papà separati. A chi fa fatica, a chi ce la fa, a chi non ce l’ha fatta.